Crollo dei ricavi ben oltre la soglia psicologica del 50 per cento. Ogni mese di lockdown costa al sistema economico regionale quasi 800 milioni di euro. La maggioranza degli imprenditori insoddisfatta dei provvedimenti adottati dalle istituzioni ai vari livelli. E, intanto, per il 2020, l’indice di fiducia degli imprenditori sull’andamento economico regionale perde ben 38 punti in un solo anno. Oltre 21 mila imprese potrebbero chiudere l’attività.
È un imprenditore calabrese tanto smarrito quanto resiliente quello che emerge dal consueto rapporto annuale sull’economia locale realizzato dall’Istituto Demoskopika per conto della Banca di Credito Cooperativo Mediocrati. Disagio più che motivato dalla perdita dei ricavi, arrivata oltre il 50% in molti casi e da alcune difficoltà dichiarate tra cui il pagamento del personale (57,7%), il rispetto delle scadenze e degli oneri fiscali (56,7%) e il pagamento dei fornitori (55,7%). Fiaccata, quindi, dagli effetti del primo blocco totale delle attività economiche, la business community non nasconde la sua rilevante preoccupazione per ciò che potrebbe accadere nell’immediato futuro, a seguito del secondo lockdown programmando la sua quotidianità tra nuove e vecchie paure. E così, oltre il 62% degli imprenditori teme, come non mai, da un lato, il protrarsi dell’emergenza sanitaria e l’acuirsi della pressione e degli accertamenti fiscali (60,4%) e, dall’altro, non nasconde, nel 51% dei casi, il timore di un ritorno della recessione economica. Ma non manca la capacità degli imprenditori di reagire all’evento traumatico del Covid-19: l’87,2% ha deciso di adottare sforzi e azioni per portare avanti l’attività.
Sul versante della congiuntura economica, l’indagine continuativa annuale mostra un vorticoso peggioramento. Nel 2020, l’indice di fiducia degli imprenditori subisce un crollo verticale senza precedenti: 37,7 punti percentuali in meno rispetto al 2019, soprattutto per i settori delle costruzioni e dei servizi. Il secondo peggior risultato degli ultimi 14 anni.
«Le misure di contenimento imposte dall’emergenza sanitaria – dichiara il presidente della Banca di Credito Cooperativo Mediocrati, Nicola Paldino – hanno avuto rilevanti ripercussioni sull’attività delle imprese. I settori colpiti dall’emergenza non sono pochi, a partire dai piccoli commercianti, che hanno dovuto obbligatoriamente cessare le attività, i servizi di trasporto e, in modo particolare, alberghi, ristoranti e l’intero comparto turistico con tutto il suo indotto, che hanno subito perdite economiche rilevanti. Inoltre, - precisa Nicola Paldino – la maggioranza degli imprenditori critica la scarsa celerità ed efficacia dei provvedimenti adottati dalle istituzioni ai vari livelli. La strada da percorrere per uscire dall’emergenza - conclude il Presidente della Banca di Credito Cooperativo Mediocrati, Nicola Paldino – sarà lunga e graduale, particolarmente delicata e richiede partecipazione, condivisione e responsabilità da parte di tutti, istituzioni, imprese e cittadini».
«Quasi 120mila imprese calabresi, il 73% del totale, – commenta il presidente dell’istituto Demoskopika, Raffaele Rio – hanno subito il fermo totale o parziale della propria attività nel periodo del lockdown con rilevanti perdite di fatturato. Si prefigura un anno di recessione. Se dovessero persistere le attuali criticità del Covid-19, quasi due aziende su dieci rischierebbero con molta probabilità il default e la chiusura della propria attività. Il ritorno ai livelli “normali” sarà molto graduale sia per l’incertezza legata alla diffusione del Covid-19 sia per i danni non temporanei cui sarà soggetto il sistema produttivo. Non è più tempo di interventi dettati da euforia istituzionale, spesso autoreferenziale, o da immissione improvvisata di una cascata di risorse annunciate sul sistema economico. Necessita – ha concluso Raffaele Rio – una pianificazione più consapevole, un pacchetto di interventi che puntino prioritariamente alla ripresa economica più che a tamponare esclusivamente le perdite momentanee».
«Sappiamo ormai tutti che l'economia dell'intero paese oggi è condizionata dalla situazione di forte emergenza in cui ci troviamo - commenta Mauro Pastore, Direttore Generale di Iccrea Banca - come nelle altre regioni, anche in Calabria il Gruppo Bancario Cooperativo Iccrea, grazie alle sinergie tra le strutture tecniche centrali del Gruppo e le BCC sul territorio, ha dedicato profonde attenzioni alle comunità di riferimento. Mi riferisco in particolare alle attività di sostegno alle famiglie e alle PMI insieme alle sei BCC che hanno sede in regione e a beneficio dei loro 16 mila soci e agli oltre 130 mila clienti. L'attenzione al territorio, per tutti noi del Gruppo Iccrea, inclusa ovviamente anche BCC Mediocrati, - conclude Mauro Pastore - è la caratteristica distintiva del nostro impegno quotidiano, in una fase straordinaria in cui le banche locali devono saper contribuire al benessere e, in molti casi, anche alla sopravvivenza della nostra economia reale».
Classifica delle paure: svettano emergenza sanitaria e pressione fiscale. Quali sono le paure che, più di ogni altra, sono temute dagli imprenditori? Dall’indagine emergono alcuni orientamenti inequivocabili: la ripresa dell’emergenza sanitaria da coronavirus e altre epidemie che ha generato il 62,1% delle risposte del campione intervistato immediatamente seguita, con il 60,4% delle indicazioni rilevate, dalla pressione fiscale e dagli accertamenti fiscali ritenuti dal sistema imprenditoriale “sempre più stringenti”. Tra le paure significative, inoltre, figurano il sistema pubblico che quasi 4 imprenditori su 10 (36,4%) percepiscono come “inefficiente, lontano dalle imprese, corrotto e fortemente burocratico” oltre all’influenza sull’andamento economico del processo di globalizzazione (11,4%) e alla criminalità (10,1%). In coda, infine, le seguenti modalità di risposta: inefficienza del sistema giudiziario (4,5%), immigrazione incontrollata (3,5%), essere vittima di disastri naturali quali terremoti, frane e alluvioni (3,4%), insicurezza informatica, dati personali e finanziari (2%), inquinamento, distruzione dell’ambiente e della natura (1,9%) e, infine, diffusione di atti di terrorismo (1,5%).
Paure economiche: la metà dei “capi d’azienda” teme la recessione economica. Recessione dell’economia e ripresa lenta caratterizzano prioritariamente il perimetro delle preoccupazioni economiche della business community locale: il 51% degli imprenditori le ha scelte quale principale modalità di risposta. Altra paura significativa riguarda la crescente concorrenza del mercato on-line che alimenta il rischio di chiusura delle attività commerciali: 1 imprenditore su 3, pari al 32,3%, ne è fortemente convinto. E, ancora, a posizionarsi nella parte alta delle preoccupazioni, più strettamente legate al sistema economico, altre tre modalità di risposta: rischio di insolvenza dei clienti (26%), difficoltà di accesso al credito (24,3%) e carenza di infrastrutture (energia, comunicazioni, trasporti, etc.) nell’area di insediamento dell’impresa (21,5%). Chiudono l’elenco dei timori e dei rischi più avvertiti dai “capi d’azienda” interpellati, le rimanenti modalità di risposta: i rapidi cambiamenti economici, tecnologici e normativi del mercato di riferimento (13,4%); la difficoltà di trovare adeguati profili professionali (9,2%); le difficoltà di investimento (7,9%) e di innovazione tecnologica (7,4%); e, infine, il rischio di cash flow indicato soltanto dall’1,5% del campione intervistato.
Tendenze: non passa l’e-commerce, solo il 15% lo usa come nuova modalità commerciale. Secondo l'Osservatorio B2c del Politecnico di Milano, la crescita degli acquisti online di prodotti raggiungerà i 22,7 miliardi nel 2020 (+26%), 4,7 miliardi di euro in più rispetto al 2019. Una accelerazione più marcata, non tanto nei settori più maturi storicamente nell'ambito del commercio elettronico, quanto piuttosto nei comparti emergenti come il food&grocery che genera 2,5 miliardi di euro (+56%) e l'arredamento e home living, con un giro d'affari di 2,3 miliardi di euro e un indice di crescita che si attesta sul +30%. Una tendenza che, al momento, si riscontra solo parzialmente tra gli imprenditori interpellati, se è vero come è vero, che soltanto il 15,1% ha dichiarato di utilizzare l’eCommerce come nuova modalità commerciale operativa per far fronte all’emergenza sanitaria: l’11,6% ne ha intensificato l’utilizzo mentre appena il 3,5% ne ha avviato l’utilizzo. In alternativa, oltre il 21% delle aziende ha optato per le consegne a domicilio.
Effetti del Covid-19: calo dei ricavi tra il 50% e il 70% per 1 imprenditore su 4. Come hanno vissuto il blocco delle attività economiche gli imprenditori? Poco meno di un’azienda su due (44,6%) si è vista costretta a chiudere completamente i propri battenti; modalità di risposta immediatamente seguita da coloro i quali hanno limitato solo parzialmente la propria attività, pari al 42,8%. Il 12,6% del campione intervistato, infine, ha continuato a svolgere completamente l’attività imprenditoriale senza alcuna limitazione a seguito delle disposizioni governative. Blocco dell’attività che non poteva passare indolore ma che anzi si è avvertito nel livello di contrazione delle entrate denunciato dagli imprenditori per quasi la metà dei quali (49,4%), nei primi sei mesi dell’anno in corso, i ricavi hanno subìto un calo rilevante rispetto allo stesso periodo del 2019. A rilevare, inoltre, un decremento più moderato, il 26,2% del campione mentre, per un altro significativo 21,4% degli interpellati, gli introiti sono rimasti pressoché stabili nell’arco temporale considerato. Appena il 3%, infine, ha visto crescere il proprio giro di affari. A livello settoriale spiccano le imprese edili (62%) a cui fanno seguito le imprese del terziario, servizi (51,8%) e commercio (48,4%) che denunciano i cali più consistenti di fatturato.
Per avere un’idea dell’entità delle perdite generate dall’emergenza sanitaria, è stato anche richiesto agli imprenditori di provare a quantificare la riduzione dei loro ricavi in termini percentuali. Le modalità che hanno totalizzato il maggior numero di casi rilevano una flessione delle entrate tra il 30 e il 50%, forchetta scelta dal 27,2% del campione e tra il 50% e il 70%, quest’ultima indicata dal 23,4% degli interpellati.
Provvedimenti anti-Covid: inefficaci per oltre 8 imprenditori su 10. Il tema dell’efficacia degli interventi delle istituzioni ai vari livelli per fronteggiare la crisi economica innescata dall’emergenza sanitaria ha generato uno scontro perenne tra le forze politiche di maggioranza e di opposizione. Qual è il pensiero espresso dal campione degli operatori economici intervistati? In primo luogo, dall’indagine sembrerebbe emergere un sentiment positivo della businnes community locale rispetto all’efficacia e celerità delle misure messe in campo dal Governo italiano nel confronto con le altre istituzioni: per il 38,1% degli imprenditori le misure adottate dall’Esecutivo appaiono efficaci a fronte di un 8,4% dell’Unione Europea, di un 7% dei Comuni e, infine, di un 4,7% della Regione. Il tutto, è bene precisarlo, in un clima di generale sfiducia che supera ampiamente la soglia dell’80% in media per tutte le istituzioni osservate.
Agenda politica: maggioranza chiede proroga della cassa integrazione. Rilevando l’efficacia dei provvedimenti assunti per contrastare gli effetti sul sistema economico dell’emergenza sanitaria, si ricava l’agenda delle priorità da confermare e migliorare. Analizzando le risposte degli imprenditori, non si ha dubbio alcuno: cassa integrazione con relativa proroga del provvedimento si colloca in cima alla classifica dell’efficacia per ben il 54% del campione. Seguono a debita distanza, con percentuali comunque ragguardevoli, i contributi a fondo perduto per le piccole e medie imprese (30,7%), l’accesso agevolato al credito tramite i fondi di garanzia gratuiti (28,2%), la moratoria, sospensione e rinegoziazione delle obbligazioni e dei finanziamenti (20,8%). E, ancora, tra le modalità più rilevanti vengono indicate, infine, il sostegno una tantum ai lavoratori autonomi e alle partite iva (22,3%) oltre al rinvio e alla sospensione del pagamento di imposte e contributi (16,3%).
Previsioni: oltre 21 mila imprese potrebbero chiudere i battenti. L'impatto della crisi provocata dall'emergenza coronavirus condiziona anche le previsioni del sistema economico locale. Il barometro della preoccupazione per i prossimi mesi tra gli operatori economici, rilevato dall’indagine congiunturale Bcc Mediocrati-Demoskopika, risulta così elevato da spingere addirittura il 13,4% di essi a dichiarare la chiusura “certa o molto probabile” della propria azienda nel caso del persistere delle attuali criticità innescate dalla pandemia. Una condizione, questa, particolarmente presente nel settore dei servizi con il 21,4% di imprese a elevato rischio default. Sul versante opposto, la maggior parte del campione intervistato, pari al 70%, dichiara che, nonostante le criticità innescate dal Covid-19, non chiuderà i battenti.
Clima di fiducia: a picco l’indice, 38 punti in meno rispetto al 2019. Quest’anno, l’andamento delle previsioni formulate dagli imprenditori è fortemente condizionato dall’incertezza economica e dalla grave crisi determinata dalla pandemia Covid-19. L’indice di fiducia si colloca in area negativa e rispetto all’anno precedente in cui si era quasi stabilizzato dopo il picco del 2018, subisce un crollo verticale senza precedenti di 37,7 punti scendendo a 53,1 dal 90,8 del 2019. Entrando nel dettaglio dei singoli indicatori, tutti evidenziano delle flessioni rilevanti rispetto allo scorso anno: investimenti (-53,5 punti), occupazione (-45,2 punti) e fatturato (-42,2 punti). E, ancora, una flessione meno rilevante, ma comunque più che significativa, si è registrata per la situazione settoriale (-35,1 punti), la liquidità (30,8 punti), la situazione economica regionale (-29,0 punti) e, infine, la disponibilità di credito (-26,6 punti).
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