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Autonomia. In Calabria il residuo fiscale più negativo

È negativo il saldo tra le entrate e le spese pubbliche: meno 3 mila euro per abitante quantificabile in 5,7 miliardi di euro in valore assoluto. E, intanto, le Regioni del Centro-Nord hanno ridotto il loro apporto perequativo di oltre 27 miliardi di euro nell’ultimo decennio nei confronti delle realtà “più deboli” del Mezzogiorno.



La Calabria registra un residuo fiscale pari a -5.707 milioni di euro corrispondente a -2.896 euro per abitante a fronte di un dato positivo del Nord pari a 4.082 euro pro capite. È negativo, dunque, il saldo medio riferito al periodo 2007-2016, tra il contributo che ciascun calabrese fornisce al finanziamento dell’azione pubblica attraverso il pagamento delle imposte e il beneficio che ne riceve sotto forma di servizi pubblici. Ciò significa che un cittadino calabrese riceve in solidarietà dal resto dell’Italia circa 3 mila euro all’anno. Complessivamente, nell’ultimo decennio, il “sistema Calabria” ha beneficiato di entrate pubbliche pari a 155 miliardi di euro attivando una spesa per 212 miliardi di euro prioritariamente nei settori della previdenza, della sanità e dell’istruzione. La Calabria, inoltre, ha potuto contare su un minore apporto perequativo dalle realtà regionali del Centro-Nord quantificabile in ben 320 milioni di euro. Cresce, inoltre, il divario del sistema calabrese dal Nord rispetto ai principali indicatori macroeconomici: 3,5 punti percentuali per il Pil, 11,5 punti percentuali per i consumi familiari e, addirittura, 15 punti percentuali per il tasso di disoccupazione. Cosa potrebbe accadere, infine, se il residuo fiscale subisse una contrazione rilevante? Tra i numerosi scenari aperti e non definiti, anche quello in cui la Calabria potrebbe tagliare i servizi per 1,3 miliardi di euro o aumentare le entrate tributarie.

Entrate della PA: in Calabria la metà dei valori rispetto al Nord

Le entrate pubbliche regionali consolidate della Pubblica Amministrazione (PA), in termini reali in Calabria, riferito al valore medio del periodo 2007-2016, ammontano a 15.486 milioni di euro, pari all’8,5 per cento del Mezzogiorno e all’1,9 per cento dell’Italia. Il valore delle entrate per abitante, corrispondente a 7.856 euro, risulta il più basso d’Italia presentandosi costantemente al di sotto dei valori di tutte le realtà regionali del Paese. Nel Mezzogiorno il valore è pari a 8.776 euro per abitante mentre al Nord raggiunge un ammontare pari a 16.092 euro pro capite.

Analizzando, inoltre, l’andamento delle entrate nell’ultimo decennio, si osserva una crescita media pari allo 0,8%. In particolare, si assiste ad una continua contrazione fino al 2010, anno di maggiore decrescita (-8,8%), ad un incremento nel biennio successivo con un più 8,5% e un più 7,6% rispettivamente nel 2011 e 2012, per poi registrarsi un nuovo decremento dell’aggregato fino al 2016, ad eccezione del 2015 (+8,0%).

Circoscrivendo l’analisi alle sole entrate tributarie, costituite dalle imposte dirette e indirette, si osserva che la pressione fiscale in Calabria, nell’arco temporale di riferimento, risulta mediamente più bassa di quella meridionale, del dato nazionale e, soprattutto, delle realtà del Nord: 29,8 per cento rispetto al 31,1 per cento del Mezzogiorno, al 31,6 per cento dell’Italia e al 42,8 per cento del Nord. In quest’ultimo confronto, in particolare, la distanza è pari a ben 13 punti percentuali. Analizzando l’andamento dell’indicatore, infine, il valore più elevato si verifica nel 2012, quando l’incremento dei tributi, pari al 13,1%, si accompagna contemporaneamente alla contrazione del PIL regionale, pari all’1,9%, che portano la pressione tributaria nella regione al 32,8 per cento

“La Calabria registra un residuo fiscale pari a -5.707 milioni di euro corrispondente a -2.896 euro per abitante a fronte di un dato positivo del Nord pari a 4.082 euro pro capite.”


Spese della PA: generati 212 miliardi di euro in 10 anni


Le spese pubbliche regionali consolidate della Pubblica Amministrazione (PA), in termini reali in Calabria, riferito al valore medio del periodo 2007-2016, ammontano a 21.192 milioni di euro, pari al 9,9 per cento del Mezzogiorno e al 3,1 per cento dell’Italia, corrispondenti a 10.755 euro pro capite: si va dai 10.456 euro del 2007 ai 10.737 euro del 2016 con una crescita, nel periodo considerato, pari al 2,7 per cento. Nel Mezzogiorno il valore è pari a 10.262 euro per abitante mentre al Nord raggiunge un ammontare pari a 12.010 euro pro capite. Complessivamente nell’ultimo decennio, la Calabria ha generato una spesa pubblica per 212 miliardi di euro.

Con riferimento alla natura della spesa analizzata, le spese correnti rappresentano mediamente in Calabria l’85,3 per cento del totale, quelle in conto capitale il restante 14,7 per cento.

Spostando l’analisi sui settori di attività della spesa pubblica in Calabria, l’elaborazione dei dati ottenuta dall’analisi della classificazione delle voci presenti nel sistema dei Conti Pubblici Territoriali per il 2016 (ultimo anno disponibile), mostra che i capitoli principali sono rappresentati dalle spese nel settore “Previdenza e Integrazione salariali” con risorse utilizzate pari a 7.876 milioni di euro (37,2% del totale) e nella “Sanità” con un ammontare di 3.107 milioni di euro spesi, pari al 14,7 per cento del dato complessivo. A seguire, altre cinque voci che presentano livelli di spesa rilevanti: “Istruzione” con 1.863 milioni di euro (12,0%), “Interventi in campo sociale” con 1.632 milioni di euro (8,8%), “Viabilità” con 1.023 milioni di euro (4,8%) e “Sicurezza pubblica” con 563 milioni di euro (2,7%). Nelle rimanenti 21 voci, comprendenti, tra le tante, i settori giustizia, ambiente, smaltimento rifiuti, turismo, agricoltura, servizio idrico integrato, etc., la spesa pubblica registrata è stata complessivamente pari a 2.526 milioni di euro.

Residui fiscali: Calabria in “rosso”, meno 2.896 euro per abitante


Secondo il dato medio riferito al periodo 2007-2016, la Calabria registra un residuo fiscale pari a -5.707 milioni di euro, vale a dire a -2.896 euro per abitante rispetto ad un altro dato negativo, ma più basso, del Mezzogiorno (-1.487 euro pro capite) e a valori positivi per il Nord (4.082 euro pro capite). Un saldo negativo per la Calabria, quindi, che la posiziona al primo posto nella graduatoria delle regioni in disavanzo finanziario pro capite, prima della Sardegna (-2.430 euro), Sicilia (-1.935 euro), Molise (-1.702 euro), Basilicata (-1.399 euro). E, ancora, Puglia con -1.197 euro pro capite, Campania (-809 euro), Valle d’Aosta (-734 euro) e Abruzzo (-368 euro). Il residuo fiscale è il saldo tra il contributo che ciascun individuo fornisce al finanziamento dell’azione pubblica attraverso il pagamento delle imposte e il beneficio che ne riceve sotto forma di servizi pubblici.

Il quadro che emerge, eccezion fatta per la Valle d’Aosta, è che a registrare un residuo fiscale negativo sono tutte le regioni del Mezzogiorno che disponendo di una capacità contributiva minore e, di conseguenza, di una base imponibile più contenuta presentano saldi negativi. Sul versante opposto, sono le realtà regionali del Centro-Nord a contribuire positivamente alla perequazione territoriale. Nel dettaglio, a guidare il gruppo delle regioni che contribuiscono al ripianamento dei conti pubblici delle regioni in disavanzo, la Lombardia con un residuo fiscale positivo per abitante pari a 6.301 euro, davanti all’Emilia Romagna con 4.286 euro, al Veneto con 3.791 euro e al Piemonte con 2.330 euro. Seguono, con un saldo positivo tra il contributo che ciascun individuo fornisce al finanziamento dell’azione pubblica attraverso il pagamento delle imposte e il beneficio che ne riceve sotto forma di servizi pubblici, Toscana (2.099 euro pro capite), Lazio (1.473 euro pro capite), Marche (1.437 euro pro capite), Trentino Alto Adige (803 euro pro capite), Liguria (740 euro pro capite), Umbria (335 euro pro capite) e, infine, Friuli Venezia Giulia (277 euro pro capite).




Stime: con residuo fiscale in brusca discesa, Calabria rischia servizi per 1,3 miliardi di euro


Cosa potrebbe accadere se il residuo fiscale subisse una contrazione rilevante o addirittura un azzeramento nel quadro della spesa pubblica regionale consolidata? Lo stima di Demoskopika, senza voler avere alcuna pretesa di esaustività considerata l’assoluta complessità della materia, simula una sforbiciata lineare al ribasso per tutte le voci di spesa in Calabria pari al 6 per cento, ipotizzando che il decremento dei settori della spesa pubblica coincida con la riduzione percentuale del residuo fiscale che si è registrata in Calabria dal 2007 al 2016. La contrazione complessiva sarebbe di 1.269 milioni di euro. Tra i settori di attività a subire il maggiore contraccolpo “Previdenza e Integrazione salariali” (-473 milioni di euro), “Sanità” (-186 milioni di euro), “Istruzione” (112 milioni di euro), “Interventi in campo sociale” (98 milioni di euro) e “Viabilità” (61 milioni di euro). Trattasi ovviamente di una stima che non ha alcuna pretesa di esaustività considerato il perimetro ancora molto incerto in cui si sta sviluppando il regionalismo differenziato.


Ricchezza: Calabria con il PIL per abitante più basso d’Italia


Il Prodotto Interno Lordo della Calabria nel 2017 è pari a 33.435 milioni di euro (valore corrente) e corrisponde all’8,7 per cento del PIL dell’intero Mezzogiorno e all’1,9 per cento dell’Italia. In termini reali, nel 2017, il Pil per abitante nella regione è di 15.677 euro, contro i 17.355 del Mezzogiorno e pari alla metà della ricchezza pro capite prodotta nelle regioni del Nord, pari a ben 32.194 euro. Anche in relazione alla ricchezza prodotta, la Calabria si colloca in fondo alla classifica italiana. Al di sopra del Pil regionale, calcolato a valori concatenati con anno di riferimento 2010 per disporre di una misura dell'aggregato economico di interesse in termini di volume ossia al netto della dinamica dei prezzi ad esso sottostanti, si posizionano, infatti, tutte le altre regioni italiane: dalla Sicilia con un prodotto interno lordo pari a 16.336 euro alla Lombardia che presenta una ricchezza prodotta per abitante pari a oltre il doppio di quella calabrese, ossia ben 35.234 euro pro capite.

Come se non bastasse, l’analisi storica del prodotto interno lordo mette in evidenza che il divario tra la Calabria e il resto dell’Italia si è accentuato invece di ridursi. Nel 2007, in particolare, la ricchezza pro capite calabrese rappresentava, in termini percentuali, il 91,8 per cento, il 52,2 per cento e il 62,1 per cento rispettivamente del Mezzogiorno, del Nord e dell’Italia. Dopo un decennio, nel 2017, il peso del Pil pro capite della Calabria si è ridotto in rapporto a tutti gli ambiti territoriali osservatori: 53,9 per cento rispetto al Mezzogiorno, 48,7 per cento rispetto al Nord e, infine, 90,3 per cento rispetto all’Italia.


Autonomia: “solidarietà a picco”, oltre 27 miliardi di euro in meno al Mezzogiorno


Per le Regioni che chiedono l’applicazione dell’art. 116, comma 3, della Costituzione, la riduzione del residuo fiscale è rilevante: in Lombardia la differenza tra entrate ed uscite, che nell’anno 2007 superava i 75 miliardi di euro, diventa pari a 60 miliardi nel 2016, riducendosi di quasi il 20 per cento; il residuo fiscale del Veneto si riduce del 20,9 per cento, da 22 a 17,3 miliardi; quello della Regione Emilia Romagna si riduce di dell’8 per cento da poco più di 20 a 18,5 miliardi. Ciascuna delle tre Regioni, quindi, vede ridimensionato il proprio apporto alla perequazione interregionale rispetto a quello esistente negli anni precedenti alla crisi economica. In generale, per l’insieme delle Regioni del Nord la riduzione del residuo fiscale è pari al 16,5 per cento, per le realtà del Centro è superiore di poco al 20 per cento. Complessivamente le Regioni del Centro-Nord hanno ridotto il loro apporto perequativo di oltre 27 miliardi di euro nell’ultimo decennio.

Sul versante opposto, le Regioni del Mezzogiorno godono di un altalenante intervento redistributivo operato dallo Stato a loro favore dal 2007 al 2016. Nell’ultimo biennio, ad esempio, il valore negativo del residuo fiscale si è ridotto di oltre 2 miliardi di euro. L’impatto della recessione ha provocato conseguenze, oltre che sul PIL, sull’occupazione e sui consumi, anche sulla diminuzione dell’apporto alla perequazione dato dai cittadini delle Regioni più ricche verso quelli con più basso reddito. Nel caso specifico, la Calabria ha ricevuto un minore apporto perequativo dalle realtà regionali del Centro-Nord: dal 2007 al 2016, nel dettaglio, la contrazione del residuo fiscale è stata pari a circa 320 milioni di euro. D’altro canto, inoltre, la perequazione territoriale di cui ha beneficiato il “sistema Calabria” nell’ultimo decennio, pari a circa 57 miliardi, non ha sortito particolari effetti positivi per lo sviluppo economico regionale. Il divario tra Calabria e regioni del Nord, nello specifico, nell’ultimo decennio è aumentato anziché diminuire: nel 2007, il Prodotto interno lordo calabrese per abitante rappresentava, in termini percentuali, il 52,2 per cento della ricchezza del Nord mentre, nel 2017, lo stesso peso è ridotto di ben 3,5 punti percentuali passando al 48,7 per cento. Una “mancata crescita” rispetto al Nord anche se si confrontano i tassi di disoccupazione: nel 2007 la distanza, in negativo, tra quello calabrese rispetto alle regioni del Nord era di 8 punti percentuali, nel 2017 è quasi raddoppiata, passando a 15 punti percentuali. Da ultimo, anche l’analisi della spesa media mensile familiare non lascia spazio a dubbi. Per questo indicatore macroeconomico, il divario tra Calabria e Nord, nell’arco temporale considerato, è aumentato di 11,5 punti percentuali.

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